Così, ad ogni periodico report, sono i pilastri della stessa Troika a
ricordarcelo: di recente è toccato al Fmi, che ha rivisto anche al
ribasso le previsioni di crescita per l’Italia, ovvero di recessione:
-0,1%, secondo l’istituto internazionale guidato da Christine Lagarde.
Le previsioni per gli anni successivi (+1,1 nel 2015, + 1,3 nel 2016)
«appartengono al “wishful thinking” più che alle stime scientifiche»,
secondo Claudio Conti, «perché è ormai chiaro che le variabili
macro-globali sono fuori dal controllo di qualsiasi ente».
Semplicemente, «nessuno sa come andrà: si incrociano le dita e si
sparano “ricette” a seconda degli interessi che si rappresentano».
Dato che il Fmi è una sorta di braccio armato del capitalismo
finanziario multinazionale, con preponderanza anglo-statunitense, «se
l’obiettivo è trasferire quote di ricchezza dalle popolazioni alla
finanza multinazionale, ecco che i “consigli” del Fondo assumono toni
granguignoleschi».
La chiave di volta resta il debito pubblico, scrive Conti su
“Contropiano”: la finanza globale ama soltanto quello privato, ovvero
fondamentalmente il Christine Lagardeproprio debito, e si scaglia contro
quello “pubblico”, pretendendo trasferimenti diretti verso le proprie
casse. Il debito italiano, come ormai ammette anche il ministro Padoan, è
destinato a salire anche a dispetto (o meglio, a causa) dei tagli di
spesa: toccherà il 136,4% del Pil entro fine 2014, per poi scendere
progressivamente, ma restando comunque sopra il 130% fino al 2017.
«Trattandosi di una proporzione e non di una cifra assoluta – osserva
Conti – se a un governo vengono “consigliate” manovre recessive, il
risultato sarà una contrazione del Pil». Dunque, la relazione debito-Pil
«resterà negativa anche tagliando alla grande il debito». Di
conseguenza, sentenzia il Fmi, il tasso di disoccupazione in Italia è
destinato a salire ancora: 12,6%, il più alto dalla fine della Seconda
Guerra Mondiale.
E qui arrivano i primi “complimenti” al governo Renzi, la cui
“riforma del mercato del lavoro”, con tanto di precarizzazione
universale e contrazione dei salari, «è vista come condizione ottimale
per aumentare la quantità di persone da mettere al lavoro a salari da
fame». Dunque la riforma Renzi «va nella giusta direzione», ma il
premier deve «muoversi rapidamente sulle riforme». Bene anche l’idea di
un «singolo contratto di lavoro», con «il 70% dei nuovi contratti a
tempo determinato», nonché «ulteriore flessibilità». Tradotto: la
precarietà è utile per le produzioni o le imprese “marginali” (piccole o
piccolissime), ma l’attacco va condotto direttamente contro il nucleo
centrale dell’occupazione «stabile e a tempo indeterminato», in modo
Carlo Cottarellida comprimere violentemente e una volta per tutte il
costo del lavoro anche nei comparti-chiave dell’economia italiana.
Benedizioni quindi anche per uno «strumento importante» come la
“spendig review”, non a caso affidata a Carlo Cottarelli, un economista
dello stesso Fmi, che ad ottobre rientrerà nei ranghi dell’organismo
sovranazionale. Ma al Fondo sanno fare i conti, aggiunge “Contropiano”:
per quanto si possa tagliare la spesa pubblica toccando le varie «sacche
di inefficienza» o spreco, non si arriverà mai a sforbiciare abbastanza
da riportare il debito pubblico entro quel 60% indicato dagli accordi
di Maastricht. Come si può fare, allora? «Ulteriori risparmi saranno
difficili senza affrontare l’elevata spesa per le pensioni» e anche la
spesa sanitaria. «Bingo! Il Fmi dice fuori dai denti che è ora di far
fuori un po’ di anziani, riducendo le loro “aspettative di vita” grazie a
pensioni ancora più basse e minori prestazioni sanitarie», scrive
Conti. «Non serve, insomma, “tagliare gli sprechi”, il Fondo consiglia
(prescrive? ordina?) di tagliare la carne viva della gente fino all’osso
e anche oltre». Viceversa, ammonisce il FmiFmi, l’Italia rimarrà
«vulnerabile a una perdita di fiducia del mercato» e al «contagio
finanziario», diventando «fonte di contagio per il resto del mondo».
«Per tutte queste ragioni – continua “Contropiano”– il Fmi promuove
“l’ambiziosa agenda di riforme” del governo Renzi, suscitando la poco
divertente impressione del burattinaio che dice “bravo!” alla
marionetta». Il Fondo Monetario non ha dubbi: «Attuare le riforme
strutturali simultaneamente genererebbe significative sinergie di
crescita». Quanto sia “invasiva” la logica del Fondo, osserva Conti, è
dimostrato da una delle tante raccomandazioni non direttamente
economche: il progetto di legge elettorale delineato dall’“Italicum” è
considerato un’ottima idea, perché «aiuta il sostegno e l’attuazione
delle riforme». Chiosa Claudio Conti: «Non servirebbe la traduzione, ma
ve la diamo egualmente: un programma di “riforme” così sanguinose e
infami non avrebbe alcuna possibilità di esser approvato anche
elettoralmente; bene dunque l’idea di escludere che il parere dei
cittadini possa rallentare – o, orrore!, “impedire” – l’attuazione del
programma. La democrazia non serve più al capitale, ergo si può e si
deve metterla da parte».
Tratto da Libreidee
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