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MEDICO ITALIANO: E' POSSIBILE RIPROGRAMMARE LE CELLULE TUMORALI E GUARIRLE

Un medico italiano è pioniere di innovative ricerche che dimostrano come le cellule tumorali possono essere riprogrammate e riportate a cellule normali utilizzando gli stessi linguaggi della natura. Dopo più di 30 anni di studi molti altri ricercatori internazionali stanno confermando la sua intuizione.

Le cellule possono essere riprogrammate, l’importante è conoscere e saper usare il corretto linguaggio con cui le cellule dialogano tra di loro. Sono queste le conclusioni a cui è giunto 10 anni fa, dopo 20 anni di ricerche, il professor Pier Mario Biava. Temi questi di grandissima attualità, si tratta di uno dei filoni di ricerca oggi più studiato e i lavori di numerosi laboratori in tutto il mondo non fanno altro che confermare quest’intuizione.

L’intuizione di Biava nasce dall’aver osservato come durante le prime fasi dello sviluppo di un embrione, quando sono presenti solo cellule staminali totipotenti, è impossibile indurre un tumore con agenti esterni, mentre entrando in una fase più avanzata di sviluppo questo diviene possibile. In quelle prime fasi doveva esserci qualche meccanismo di controllo e riparazione che proteggeva l’embrione. Successivamente Biava ha confrontato le cellule tumorali con le staminali, che costituiscono per la maggior parte l’embrione, scoprendo che hanno molte analogie e cheentrambe si moltiplicano in maniera indifferenziata ed incontrollata; ad un certo punto però per le cellule staminali che costruiscono i tessuti interviene un segnale che le indirizza verso un ben preciso percorso di differenziazione. Si originano così tutte le diverse cellule che compongono il nostro organismo: da quelle cardiache a quelle epatiche, da quelle epiteliali a quelle neuronali, eccetera. Per le tumorali non c’è un programma e crescono caoticamente creando i danni che conosciamo. (Fonte ricerche:www.reprogramcells.com ed anchewww.oncovita.it)

Biava si domandò se il segnale che induce la cellula staminale a differenziarsi fosse lo stesso che protegge l’embrione nelle sue prime fasi di sviluppo. I suoi studi lo portarono a confermare questa ipotesi e a pubblicare già più di 25 anni fa il primo articolo che descriveva i meccanismi con i quali si possono riprogrammare le cellule (http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/030438358890287X).

Si è poi visto che non è solo il DNAa determinare il comportamento dei tessuti ma è molto importante ciò che sta sopra alla genetica, l’epigenetica.

Per comprendere meglio questi concetti dobbiamo farci aiutare dall’informatica. L’era digitale ha infatti cambiato il nostro linguaggio introducendo nella quotidianità concetti prima ignorati come quello di programmare o riprogrammare.

Ha introdotto anche il concetto che su un oggetto materiale, il silicio per l’informatica o il DNA per la biologia, è possibile inserire una serie di informazioni e funzioni. Ormai tutti abbiamo in mano oggetti che contengono informazioni: chiavette usb, smartphones, ipad.

La scienza oggi sta scoprendo che i meccanismi con cui le cellule si moltiplicano e mantengono le loro funzioni sono molto simili a quelle descritte dalla teoria dell’informazione. Si può immaginare il DNA come un hardware molto potente, non a caso già si parla dei prossimi computer come computer molecolari a DNA. Il DNA però di per sé non ha un software installato; esiste infatti un altro codice, quelloepigenetico, che controlla il DNA e lo fa funzionare secondo un programma ben preciso. Determina l’accensione e spegnimento dei vari geni e può uniformarsi alle situazioni ambientali dando flessibilità e adattamento per l’evoluzione.

Queste scoperte hanno implicazioni che vanno oltre la genetica e impregnano ogni singolo aspetto della nostra vita. Il dott. Ervin Lazslo, filosofo della scienza, ne è convinto da decenni.

Per approfondire: http://www.salute.bio/riprogrammazione-cellulare

Oltre al canale delle farmacie si possono acquistare sul sito www.salute.bio/farmacia-online

fonte: http://www.informarexresistere.fr/2016/01/20/medico-italiano-dimostra-che-le-cellule-tumorali-possono-essere-riprogrammate/

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