Ceppi di aviaria spediti in Italia per posta. Accordi tra scienziati e
 aziende. L’inchiesta segreta dei Nas e della procura di Roma ipotizza 
un vero e proprio traffico illegale. E nel registro degli indagati c’è 
un nome eccellente: quello di Ilaria Capua, virologa di fama e deputato.
 Che respinge le accuse.
Creano le epidemie, fomentano la paura e poi ti vendono la presunta cura, che magari non funziona nemmeno.
Dentro, in una confezione termica, alcuni cubetti di ghiaccio molto 
speciali: contengono uno dei virus dell’aviaria, l’epidemia che dieci 
anni fa ha scatenato il panico in tutto il pianeta. Quando il postino lo
 consegna, il destinatario è assente: è il manager italiano di una 
grande azienda veterinaria. La moglie lo chiama al telefono: «Cosa devo 
farci?». «Mettilo subito nel congelatore». Sembra il copione di un film 
apocalittico, con la malattia trasmessa da continente a continente 
scavalcando tutti i controlli. Invece è uno degli episodi choc descritti
 in un’inchiesta top secret della procura di Roma sul traffico 
internazionale di virus, scambiati da ricercatori senza scrupoli e 
dirigenti di industrie farmaceutiche: tutti pronti ad accumulare soldi e
 fama grazie alla paura delle epidemie. Questa indagine svela il 
retroscena dell’emergenza sanitaria provocata dall’aviaria in Italia. E 
si scopre che i ceppi delle malattie più contagiose per gli animali e, 
in alcuni casi, persino per gli uomini viaggiano da un Paese all’altro, 
senza precauzioni e senza autorizzazioni. Esistono trafficanti disposti a
 pagare decine e decine di migliaia di euro pur di impadronirsi degli 
agenti patogeni: averli prima permette di sviluppare i vaccini battendo 
la concorrenza.
L’indagine è stata aperta dalle autorità americane e poi portata 
avanti dai carabinieri del Nas. Perché l’Italia sembra essere uno snodo 
fondamentale del traffico di virus. Al centro c’è un groviglio di 
interessi dai confini molto confusi tra le aziende che producono 
medicinali e le istituzioni pubbliche che dovrebbero sperimentarle e 
certificarle. Con un sospetto, messo nero su bianco dagli investigatori 
dell’Arma: emerge un business delle epidemie che segue una cinica 
strategia commerciale. Amplifica il pericolo di diffusione e i rischi 
per l’uomo, spingendo le autorità sanitarie ad adottare provvedimenti 
d’urgenza. Che si trasformano in un affare da centinaia di milioni di 
euro per le industrie, sia per proteggere la popolazione che per 
difendere gli allevamenti di bestiame. In un caso, ipotizzano perfino 
che la diffusione del virus tra il pollame del Nord Italia sia stata 
direttamente legata alle attività illecite di alcuni manager.
INDAGINI MADE IN USA. Il traffico di virus è stato scoperto dalla 
Homeland Security, il ministero creato dopo le Torri Gemelle per 
stroncare nuovi attacchi agli Stati Uniti. Nel loro mirino è finita 
un’attività ad alto rischio: l’importazione negli States di virus 
dall’Arabia Saudita per elaborare farmaci, poi riesportati nel Paese 
arabo. Il presidente e tre vice presidenti della compagnia farmaceutica 
incriminata per l’operazione sono stati condannati a pene pesanti. 
Fondamentale per l’indagine è la testimonianza di Paolo Candoli, manager
 italiano della Merial, la branca veterinaria del colosso Sanofi: l’uomo
 ha patteggiato l’immunità in cambio delle rivelazioni sul contrabbando 
batteriologico. Ai detective ha descritto come nell’aprile 1999 si fece 
spedire illegalmente a casa in Italia un ceppo dell’aviaria tramite un 
corriere Dhl. A procurarlo era stato il veterinario statunitense di un 
allevamento di polli saudita, condannato negli Usa a 9 mesi di prigione e
 3 anni di libertà vigilata per “cospirazione in contrabbando di virus”.
 Chiusi i processi, nel 2005 l’Homeland Security ha trasmesso i verbali 
di Candoli ai carabinieri del Nas. Gli investigatori sin dai primi 
accertamenti si rendono conto di avere davanti uno scenario da incubo. 
Infatti, sottolineano i carabinieri, l’arrivo del virus in casa Candoli 
coincide con l’insorgenza nel Nord Italia, a partire proprio dal 1999, 
della più grossa epidemia da virus H7N3 di influenza aviaria 
sviluppatasi negli allevamenti in Italia e in Europa. Già all’epoca le 
indagini condotte dal Nas di Bologna avevano evidenziato l’esistenza di 
una organizzazione criminale dedita al traffico di virus ed alla 
produzione clandestina di vaccini proprio del tipo H7: antidoti che in 
quel momento venivano somministrati clandestinamente ai polli degli 
stabilimenti italiani.
RELAZIONI ECCELLENTI. L’inchiesta dell’Arma si allarga in poche 
settimane, seguendo le intercettazioni disposte dai magistrati di Roma. 
Candoli nella capitale sa come muoversi: sponsorizza convegni medici 
organizzati da professori universitari, regala viaggi e distribuisce 
consulenze ben pagate e questo gli permette di avere “corsie 
preferenziali” al ministero della Salute per ottenere autorizzazioni, 
riesce a far cambiare parere alla commissione consultiva del farmaco 
veterinario per mettere in commercio prodotti della Merial. Tra i suoi 
referenti più stretti c’è Ilaria Capua, virologa di fama internazionale,
 attualmente deputato di Scelta Civica e vice presidente della 
Commissione Cultura alla Camera. È nota per i suoi studi sul virus 
dell’influenza aviaria umana H5N1: la rivista “Scientific American” l’ha
 inserita tra i 50 scienziati più importanti al mondo, “l’Economist” due
 anni fa l’ha inclusa tra i personaggi più influenti del pianeta. Fino 
all’elezione alla Camera, era responsabile del Dipartimento di scienze 
biomediche comparate dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale (Izs) 
delle Venezie con sede a Padova. E con lei anche altri suoi colleghi 
della struttura veneta sono finiti nel registro degli indagati.
Il risultato degli accertamenti del Nas ha portato il procuratore 
aggiunto di Roma, Giancarlo Capaldo, a ipotizzare reati gravissimi. La 
Capua e alcuni funzionari dell’Izs sono stati iscritti nel registro 
degli indagati per associazione per delinquere finalizzata alla 
corruzione, all’abuso di ufficio e inoltre per il traffico illecito di 
virus. Stessa contestazione per tre manager della Merial.
Secondo le conclusioni dei carabinieri, l’azione di Ilaria Capua con 
la complicità di altri funzionari dell’istituto di Padova avrebbe 
contribuito a creare un cartello fra due società, la Merial e la Fort 
Dodge Animal, escludendo le altre concorrenti, nella vendita di vaccini 
veterinari per l’influenza aviaria. Il marito della Capua, Richard John 
William Currie, lavorava alla Fort Dodge Animal di Aprilia, attiva nella
 produzione veterinaria. Anche Currie è indagato insieme ad altre 38 
persone. Nell’elenco ci sono tre scienziati al vertice dell’Izs di 
Padova (Igino Andrighetto, Stefano Marangon e Giovanni Cattoli); 
funzionari e direttori generali del mistero della Salute (Gaetana Ferri,
 Romano Marabelli, Virgilio Donini ed Ugo Vincenzo Santucci); alcuni 
componenti della commissione consultiva del farmaco veterinario 
(Gandolfo Barbarino, della Regione Piemonte, Alfredo Caprioli 
dell’Istituto superiore di sanità, Francesco Maria Cancellotti, 
direttore generale dell’istituto zooprofilattico di Lazio e Toscana, 
Giorgio Poli della facoltà di Veterinaria dell’università di Milano, 
Santino Prosperi dell’università di Bologna); coinvolta anche Rita 
Pasquarelli, direttore generale dell’Unione nazionale avicoltura. I 
fatti risalgono a sette anni fa ma molti degli indagati lavorano ancora 
nello stesso istituto.
CONTRABBANDIERI. Il capitolo più inquietante è quello del traffico di
 virus, fatti entrare in Italia nei modi più diversi e illegali. Le 
intercettazioni telefoniche dei Nas di Bologna e Roma sono definite 
allarmanti: secondo gli investigatori c’è stato il serio rischio di 
diffondere le epidemie. Oltre ai plichi consegnati a domicilio con il 
virus congelato in cubetti di ghiaccio, c’erano altri sistemi di 
contrabbando. Candoli ne parla con alcuni colleghi della Merial di 
Noventa Padovana. Fra i metodi per importare in Italia agenti patogeni, 
c’era anche quello di nascondere le provette fra i capi di abbigliamento
 sistemati in valigia: in questo modo, spiegano, «sembrano i kit del 
piccolo chimico» e non destano sospetti in caso di controlli. Il manager
 rivela inoltre che i virus non sono stati fatti entrare illegalmente 
solo in Italia, ma anche in Francia per la realizzazione di vaccini nei 
laboratori della Merial a Lione. «In Francia comunque non ci sono mai 
stati problemi per importare i ceppi», dice Candoli, e aggiunge che lì 
hanno fatto arrivare anche virus esotici. Un altro dirigente 
dell’azienda spiega al telefono: «Ascolta Paolo, noi facciamo delle 
cose, molto più turche nel senso di difficoltà logistica, tu sai che 
facciamo il Bio Pox con il Brasile per cui figurati se ci fermiamo 
davanti a un problema che è praticamente un terzo di quello che facciamo
 con i brasiliani».
Secondo gli investigatori del Nas, anche la Capua e l’Istituto 
Zooprofilattico sono coinvolti nel traffico illegale: la scienziata 
sarebbe stata pagata per fornire agenti patogeni. In una conversazione 
registrata è la stessa virologa a farne esplicito riferimento, 
sostenendo di aver ceduto ceppi virali in favore di un veterinario 
americano. Per i carabinieri, da alcune intercettazioni “appare evidente
 come il contrabbando dei ceppi virali dell’influenza aviaria, posto in 
essere dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, nelle 
persone di Ilaria Capua, Stefano Marangon e Giovanni Cattoli, con il 
concorso del marito della dottoressa Capua, Richard William John Currie,
 costituisca di fatto un serio e concreto pericolo per la salute 
pubblica per il mancato rispetto delle norme di biosicurezza”.
CORSA ALL’ANTIDOTO. Mettere le mani sui ceppi patogeni nel modo più 
rapido possibile, evitando la burocrazia sanitaria e le misure di 
sicurezza, è fondamentale per essere i primi a inventare e 
commercializzare gli antidoti. Nel caso del virus H7N3 sulla base di 
un’intercettazione gli inquirenti ritengono che il ceppo sia stato 
fornito da Ilaria Capua. Una dirigente della Merial parla con Candoli e 
gli dice che sarebbe stato comprato a Padova, «lo pagai profumatamente 
come tutti gli altri ceppi che abbiamo comprato da quella… ». Per i Nas 
“testimonia in maniera esplicita la condotta corruttiva di Capua”. Gli 
interlocutori sottolineano spesso i modi decisi della scienziata nelle 
questioni economiche. E lei stessa non nasconde al telefono di aver 
effettuato in passato consulenze che le avrebbero fruttato un guadagno 
giornaliero oscillante fra i mille e i millecinquecento euro. La donna 
racconta che quando è andata in Giappone si è fatta pagare in nero 
quattromila euro al giorno, tutti cash, così si è comprata il divano e 
l’armadio. «L’ho fatto perché, ti spiego, un consultant normale prende 
tipo, dai mille ai millecinquecento euro al giorno, e io più volte l’ho 
fatto, tipo per le mie like…» Poi spiega che si è fatta portare in giro 
con l’aeroplano e di essersi fatta pagare più volte. Contattata da 
“l’Espresso”, Ilaria Capua conferma di conoscere Candoli, «ma di non 
aver mai venduto ceppi virali. Sono dipendente di un ente pubblico e non
 vendo nulla personalmente». E spiega: «I ceppi virali che si isolano in
 istituto sono di sua proprietà e io non ho venduto nulla a nessuno».
Subito dopo la produzione del medicinale, in provincia di Verona 
scatta la vaccinazione d’emergenza per l’aviaria: il ministero della 
Sanità autorizza proprio la Merial a fornire i farmaci. Gli 
investigatori fanno notare che pochi mesi prima, quando erano comparsi i
 focolai di un virus del tipo H7N1 negli allevamenti di polli di 
Lombardia e Veneto, il ministero aveva bloccato un’altra ditta, perché 
fabbricava il farmaco all’estero e non aveva spiegato l’origine del 
ceppo. Invece nessuno fa storie alla Merial, “nonostante questa avesse 
prodotto il vaccino in laboratori a Lione”.
IL BREVETTO D’ORO. La Capua e i colleghi Marangon e Cattoli, 
lavorando all’Izs delle Venezie scoprono un sistema che permette di 
individuare gli animali infetti. È un risultato molto importante, che 
diventa la strategia di riferimento della Fao e dell’Unione Europea per 
contrastare l’influenza, che dopo i volatili sembra minacciare anche gli
 umani. Lo chiamano Diva e ne registrano il brevetto. Le intercettazioni
 rivelano che firmano un contratto di esclusiva per cederlo a Merial e 
Fort Dodge. Secondo la ricostruzione degli investigatori, intorno a Diva
 la Capua e i suoi partners riescono a costruire grandi affari, 
chiudendo accordi internazionali, compresi quelli con i governi di 
Romania e Olanda. Questo è un capitolo controverso dell’indagine. Per 
gli inquirenti i tre scienziati sono funzionari pubblici perché 
dipendenti dell’Istituto zooprofilattico e quindi stipulare un contratto
 con Merial “appare del tutto indebita”, come “indebita appare la 
registrazione del brevetto”, perché il kit per il test Diva è stato 
realizzato “nell’ambito di un’attività istituzionale”. Il contratto con 
le due aziende viene considerato “del tutto illecito e contrario ai 
doveri di ufficio”: il 70 per cento delle royalties andrà, attraverso lo
 Zooprofilattico di Padova, ai tre funzionari, mentre solo il 30 rimarrà
 all’Istituto. Inoltre la stipula del contratto tra le due aziende e 
l’Izs, con la cessione di tutti i diritti sul brevetto, per gli 
investigatori costituisce una sorta di cartello che taglia fuori le 
altre ditte farmaceutiche. Dice la virologa al suo avvocato: «Se il 
brevetto viene concesso, alle altre ditte, scusa la volgarità che non si
 confà a una signora, tanto più citata dal Sole24Ore, gli facciamo un 
culo che non la smette più». Adesso a “l’Espresso” spiega: «Abbiamo 
ceduto all’Istituto i diritti di sfruttamento del brevetto Diva e per 
questo, i tre inventori ad oggi non hanno mai preso alcuna somma di 
denaro. Le royalties sono negoziate dall’Istituto».
Il giro d’affari che scaturisce da Diva è così forte che, come 
rivelano le conversazioni intercettate, spinge il marito della Capua a 
dedicarsi a tempo pieno a questa nuova attività, che chiamano “The 
Company”: l’uomo conclude affari in tutto il mondo, meritandosi il 
soprannome di “globale” e rappresenterebbe l’anello di congiunzione tra 
la struttura pubblica veneta e le aziende farmaceutiche. Capua in una 
conversazione con Marangon sostiene che Richard gli ha detto di scrivere
 che «hanno la disponibilità di un baculo virus N1 italiano, mentre 
quello asiatico lo stanno “cloney”» ossia clonando ed appena sarà 
disponibile glielo daranno. Marangon replica: «Ma va bene, 50 mila per 
due, gli diamo il coso e buona notte al secchio». È una «svolta 
affaristico-commerciale»: «Ho parlato dell’affare con i romeni a 
Richard, il quale si è eccitato come una scimmia. Quando ha saputo che 
l’ordine era da un milione e 300 mila euro gli è venuta una mezza 
paralisi e ha detto che adesso svilupperà un business plan». L’emergenza
 aviaria avanza nei continenti, la paura passa dalle aziende di polli 
alla salute delle persone. E per la “Company” i contratti si 
moltiplicano. Marangon sembra preoccupato, dice che bisogna usare 
prudenza, lasciando intendere che “vi siano tra l’altro accordi 
paralleli e non ufficiali con alcuni personaggi delle autorità sanitarie
 romene”. Di questo sembra essere convinta anche Capua, che comunque 
vede un mercato in espansione «finché esiste gente come i romeni». La 
virologa afferma che ai romeni può essere data qualunque cosa: il timore
 dell’epidemia sta creando un mercato nuovo dove alcuni paesi come 
Romania, Turchia o stati del Medio Oriente e dell’Africa devono trovare a
 tutti i costi sistemi per contenere il rischio di contagio. E la 
struttura di Padova diretta dalla Capua ha le credenziali migliori: 
coordina progetti di ricerca finanziati dal ministero della Salute, 
dalla Ue e da altri organismi internazionali come la Fao.
L’AFFARE DELLA PANDEMIA. Uno dei capitoli più inquietanti 
dell’inchiesta condotta dai Nas ricostruisce la diffusione dell’allarme 
sul pericolo di contagio umano per l’aviaria nella primavera 2005. Gli 
inquirenti hanno esaminato i documenti ufficiali e le iniziative delle 
aziende, sostenendo che l’emergenza «sia stata un problema più mediatico
 che reale». Dietro il paventato rischio di epidemia per il virus H5N1 –
 scrivono i carabinieri – si potrebbe celare una “strategia globale” 
ispirata dalle multinazionali che producono i farmaci. Nel dossier 
investigativo vagliano il ruolo dell’Organizzazione mondiale della 
sanità, la massima autorità del settore, che in un documento del 2004 
raccomandava di fare scorte di Oseltamvir (Tamiflu) prodotto dalla 
Roche. Dopo un anno anche in Italia cominciano a venire pubblicati 
articoli sull’epidemia in arrivo, “inevitabile ed imminente”. Si 
consiglia il vaccino per proteggersi comunque dall’influenza stagionale e
 l’uso di farmaci antivirali, incluso il Tamiflu, contro l’aviaria: in 
poco tempo le vendite del prodotto Roche aumentano del 263 per cento. 
Molte delle informazioni allarmistiche – sostengono i carabinieri – sono
 emerse da un convegno tenuto a Malta nel settembre 2005, sponsorizzato 
dalle aziende che confezionano vaccini contro l’influenza e farmaci 
antivirali.
Due settimane dopo, c’è una correzione di tiro. L’Istituto Superiore 
di Sanità afferma che un ceppo virale di H5N1 “che potrebbe scatenare la
 prossima pandemia influenzale globale mostra di resistere al Tamiflu”, 
che tanti paesi cominciavano ad accumulare. Ed ecco la svolta, 
sottolineata da diversi articoli: «Fortunatamente, il ceppo virale non è
 però risultato resistente all’altro antivirale in commercio, Relenza 
della Glaxo». I carabinieri sostengono che l’allarme è stato alimentato 
nonostante di fatto non stesse accadendo nulla. Anche Candoli al 
telefono definisce la diffusione delle notizie «una forma di vero e 
proprio terrorismo informativo» ma poi commenta positivamente la vendita
 in un solo mese di un milione e mezzo di dosi di vaccino anti-influenza
 prodotto dalla sua azienda: «Anche certe industrie farmaceutiche che 
producono vaccini umani hanno un business mica da noccioline sebbene non
 ci sia nulla di diverso rispetto a sei mesi, un anno o addirittura 
cinque mesi anni fa. L’unica cosa di diverso è che adesso stanno 
ragionando sulla possibilità che vi sia una pandemia, che non è scritta 
da nessuna parte». Fonte
2 commenti:
Io non sono uno dall'intelligenza abissale ma sono solo dotato di un po di intuito che da tanto tempo ormai mi fa capire che le influenze annuali sono causate volontariamente per motivi di arricchimento, dalle solite case farmaceutiche, che poi sono di proprietà dei soliti banchieri noti. Insomma, i banchieri decidono della nostra salute e non persone che hanno studiato e che dovrebbero essere i nostri tutori della salute...salute un cavolo.
http://www.riccardoferrandino.it/
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